venerdì 25 giugno 2010

San Marino. Idee per svoltare pagina. Intervista a Francesco Gesualdi


SAN MARINO. C’è aria pesante sul Titano. Siamo di fronte alla peggior crisi politica ed economica che il piccolo stato fra la Romagna e le Marche abbia mai vissuto. San Marino negli ultimi sei mesi, è stato messo all’angolo dal Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano Giulio Tremonti, che sembra aver organizzato nei minimi particolari quello che assomiglia sempre di più ad un embargo.

Una prova di forza senza neanche l’emozione della sfida. Troppo facile prendersela con un paese così piccolo e così fortemente dipendente dall’economia italiana. Eppure dallo stivale ci sono andati giù pesante: prima lo scudo fiscale, capace di drenare ben cinque miliardi di euro in meno di un anno dalle casse sammarinesi, poi il decreto incentivi, che più che incentivare, sfavorisce e rende esageratamente svantaggiosa una collaborazione fra aziende italiane e sammarinesi. Senza contare gli ormai quotidiani sconfinamenti “accidentali” dell’esercito italiano e le innumerevoli azioni giudiziarie nei confronti di società sammarinesi.

Colpi in pieno viso sferrati da un pugile di un’altra categoria. Tutto troppo semplice.

La risposta della piccola repubblica però, non si è fatta attendere, e una volta resasi conto di essere in una condizione troppo svantaggiata, ha consegnato le armi, cancellando il segreto bancario, le società anonime e autorizzando lo scambio automatico di informazioni in materia fiscale. Sono i primi passi, ma dobbiamo partire dal presupposto che prima d’oggi erano cose impensabili.

Tutto questo però, non è stato sufficiente per riaprire un dialogo. Tremonti non si accontenta, e a fronte di domande di concordati e incontri politici da parte del governo sammarinese, risponde con richieste di rogatorie giudiziarie e con “raid” della guardia di finanza al confine di stato.

Ricapitolando, siamo ad un passo dall’assistere al collasso del sistema economico sammarinese, che a dispetto del fango gettatogli contro dai media italiani, per anni è stato motore di un’economia finanziaria che ha favorito e aiutato una vasta area territoriale limitrofa all’antica repubblica. Un crollo di questa portata, avrebbe ripercussioni anche in queste aree, non certo solo a San Marino.

E’ proprio per questi motivi che nelle ultime settimane mi sono permesso di proporre attraverso i miei articoli un’inversione di tendenza. Un cambiamento nell’indirizzo politico del paese che potrebbe avere la forza di rilanciare l’immagine di San Marino e, contemporaneamente, sarebbe un punto di partenza importante per un nuovo sviluppo economico del paese.

Sto parlando del sostegno tramite incentivi e nuove leggi a quella che viene chiamata “Economia Alternativa“. Un sistema economico cioè, non più basato su logiche meramente di profitto ma più etico. Più attento ad uno sviluppo sociale oltre che finanziario. Sembra un’utopia proporre una svolta di questa portata a San Marino, ma oltre che una provocazione, questa vuole essere una proposta concreta.

Per renderla tale, ho cercato testimonianze all’interno di aziende e associazioni che già oggi vivono questo tipo di esperienze riuscendo a mantenere una linea etica e contemporaneamente a sviluppare un’economia fiorente e capace di produrre benessere. Quella che propongo di seguito, è la seconda intervista che ho raccolto. La prima, fatta a Pietro Luppi de “L’Occhio del Riciclone“, la potete trovare all'interno del mio blog o sui portali di informazione sammarinesi.

La testimonianza che voglio proporvi oggi, ci viene offerta da Francesco Gesualdi del “Centro Nuovo Modello di Sviluppo”. Lascio spiegare a lui di cosa si tratta.

D. Ci può descrivere brevemente in cosa consiste il progetto a cui partecipa?

R. L’attività che coordino si chiama “Centro Nuovo Modello di Sviluppo” ed ha lo scopo di individuare i meccanismi che provocano impoverimento e degrado ambientale a livello planetario con l’intento di divulgarli al grande pubblico ed indicare cosa possiamo fare per costruire un mondo più equo e sostenibile. Le nostre proposte comprendono sia scelte individuali che di sistema. A livello individuale proponiamo il consumo critico, la sobrietà, la riduzione e riciclaggio dei rifiuti. A livello di sistema proponiamo il rafforzamento dell’economia pubblica, il rafforzamento del fai da te e dell’economia di vicinato, il rafforzamento dell’economia locale, il rafforzamento degli strumenti fiscali volti ad orientare le scelte delle imprese e dei consumatori in un’ottica di sostenibilità e di rispetto ambientale.

D. Come e quando è partito questo progetto, e con quali motivazioni?

R. L’attività è partita nel 1985 per iniziativa di un gruppo di famiglie desiderose di svolgere in maniera più incisiva il proprio impegno sociale e politico. Volevamo capire in che modo il 15% della popolazione mondiale si appropria del 75% di tutte le risorse terrestri condannando tre miliardi di persone, metà della popolazione mondiale, alla povertà assoluta. Un problema ancora più grave se consideriamo che il pianeta è in stato comatoso sia sul versante delle risorse che dell’accumulo di inquinanti. La crisi ambientale ci fa capire che per costruire un mondo più equo non basta rivedere le regole del commercio e della finanza, ma è necessario che gli opulenti siano disposti a rivedere ail proprio sistema produttivo e di consumo, in una parola il proprio modello di sviluppo, perché comincia ad esserci competizione per le risorse e gli spazi ambientali scarsi.

D. Quali sono le vostre principali attività? In che modo vi potreste definire “fautori o promotori di un’economia alternativa?”

R. Le nostre attività possono essere distinte in tre filoni. In primo luogo svolgiamo ricerca sul comportamento sociale e ambientale delle imprese per dare ai consumatori le informazioni necessarie a poter esercitare il loro diritto/dovere di consumatori responsabili. Divulghiamo i risultati delle nostre ricerche sia attraverso la carta stampata, il libro più noto è Guida al consumo critico, che attraverso il sito internet impreseallasbarra.org. In secondo luogo sviluppiamo proposte di stile di vita orientate alla sostenibilità. Non solo risparmio energetico, riduzione dei consumi inutili e dannosi, riduzione e riciclaggio dei rifiuti, ma anche adesione a gruppi di acquisto solidale che hanno l’obiettivo di procurarsi prodotti salubri a km zero da produttori che si ispirano a principi di rispetto ambientale e sociale, se non di solidarietà. In terzo luogo, elaboriamo idee sui cambiamenti da introdurre a livello di sistema per coniugare sobrietà, piena occupazione e garanzia dei bisogni fondamentali per tutti. In questo senso siamo fautori di un’economia alternativa non più basata sulla crescita infinita, ma sul senso del limite e della solidarietà collettiva.

D. Pensa che lo sviluppo di un’economia non basata unicamente su logiche di profitto ma rivolta anche verso uno sviluppo sociale sia realmente possibile? Attualmente cosa ne frena l’espansione secondo lei?

R. Se proseguiremo lungo la strada del profitto e dell’accumulazione andremo verso il caos governato da migrazioni di massa, guerre, sovvertimenti climatici e ambientali. Il cambiamento verso l’economia del bene comune e dei diritti non più un optional, ma una strada obbligata se vorremo salvare questo pianeta e questa umanità. Il passaggio è possibile purché recuperiamo il senso di equità, il senso di sazietà e la fiducia nella parte migliore della persona umana. Non è vero che l’uomo segue solo l’istinto individualista. Lungo la storia ha imparato che da soli non può ottenere tutto ciò che gli serve, che c’è bisogno dell’apporto degli altri. I forti lo ottengono soggiogando i deboli, ma i deboli non hanno altra strada se non la cooperazione e la solidarietà. Questa è la semplice verità che dobbiamo riscoprire e potremo farlo solo se ci libereremo del dogma del mercato selvaggio che costituisce il freno principale al cambiamento.

D.Pensa che questo tipo di economia alternativa sia potenzialmente in grado di generare lo stesso benessere diffuso che (almeno in una parte del mondo) garantisce l’economia finanziaria attuale?

R. Il problema è cos’è il benessere. Questo sistema si sforza di farci credere che il benessere si misura con la quantità di merci che produciamo annualmente, il famoso Pil e con la quantità di cose che buttiamo nel carrello della spesa. Ma questo non è benessere, bensì benavere che concepisce la persona umana come un bidone aspiratutto, un tratto digerente con la bocca ben spalancata per ingurgitare tutto ciò che la pubblicità gli impone e uno sfintere anale bello largo per espellere tutti i rifiuti che produce nel transito. Ma più ricchezza non è sinonimo di più felicità. Non di sola auto vive l’uomo, ma anche di relazioni ed è proprio la perdita di relazioni che ci rende meno felici. Dimentichiamo sempre che l’uomo non è solo un corpo da soddisfare, ma anche dimensione affettiva, sociale, spirituale. Il vero benessere è quella situazione in cui tutte queste dimensioni sono soddisfatte in maniera armonica. Ed ecco il benvivere inteso come armonia con se stessi, con gli altri, con la natura, una condizione che non si raggiunge con i barili di petrolio, ma con una diversa organizzazione dell’abitare, della città, del tempo, del lavoro, della società. Il problema non è la ricchezza, ma la soddisfazione e la sicurezza personale che si raggiunge con meno lavoro, più partecipazione, più equità, più difesa ambientale, più cultura, più solidarietà collettiva, più stabilità economica.

D. Conosce lo stato di San Marino? Che considerazione ne ha?

R. Ci sono stato un paio di volte, ci ho incontrato persone che hanno i miei stessi ideali di equità, sostenibilità, solidarietà. Ma so anche che fonda la sua ricchezza sul richiamo di capitali attratti da basse aliquote fiscali, segretezza e agevolazioni doganali. Pratiche tipiche dei paradisi fiscali che danno ospitalità a chi vuole mettere al sicuro capitali ottenuti in maniera illecita, a chi vuole evadere il fisco del proprio paese, a chi vuole riciclare denaro sporco. Poiché sono rifugio della cattiva economia, i paradisi fiscali arrecano un grave danno alla comunità internazionale. Perciò debbono modificare la propria legislazione bancaria e attivare altre fonti di ricchezza che contribuiscono a fare crescere relazioni economiche eque e solidali.

D. La Repubblica di San Marino è un microcosmo economico e sociale all’interno dell’Italia. Cosa penserebbe vedendo questo stato sviluppare la sua economia basandosi su basi etiche e morali vicine a quelle della cosiddetta “Economia Alternativa”?

R. Penserei che i suoi cittadini hanno raggiunto una grande elevatura sociale e culturale. Costituirebbe un precedente estremamente importante che dimostrerebbe che cambiare è possibile. Abbiamo bisogno di esempi concreti a cui guardare, perché l’assenza di sperimentazione positiva è spesso interpretata come un segno che l’alternativa è impossibile. Ogni volta che un’idea è realizzata esce dalla dimensione dell’utopia, che significa non luogo, ed entra nella dimensione del possibile. Per questo ogni forma di sperimentazione, per quanto piccola è di grande importanza. Per questo dobbiamo fare crescere i gruppi di acquisto solidale, i comuni virtuosi, il commercio equo e solidale, le reti di economia solidale, i bilanci partecipativi e ogni altra forma di sperimentazione di buona politica e buona economia, non per creare delle isole felici, ma per contagiare e infondere fiducia.

D. Spesso viene contestato a sistemi di Economia Alternativa, la loro dipendenza da finanziamenti pubblici. Questo tipo di perplessità riguarda principalmente organizzazioni del “Terzo settore” che come osserva Don Giacomo Panizza(Comunità Progetto Sud), non sono esenti da problematiche. Lei parla di “economie popolari” che si discosterebbero da considerazioni di questo tipo. Quali sono secondo lei le prospettive?

R. Il tema della leadership politica intesa come guida e costruzione di forze partitiche che si pongono l’obiettivo di entrare nelle istituzioni, e possibilmente governarle, è estremamente complesso. Abbiamo bisogno di una nuova politica istituzionale, ma le forze con cui deve scontrarsi sono ampie, perciò potrà affermarsi solo se è sostenuta da una grande volontà popolare che oggi sembra mancare. In assenza di una volontà popolare forte, ogni nuovo ingresso nei palazzi rischia di essere risucchiato dalle logiche di potere facendolo diventare uguale agli altri. Per questo penso che dobbiamo dedicare molte energie alla crescita di una nuova cultura socio-economica e qualora si accetti di entrare nei palazzi dobbiamo interrogarci di continuo per essere certi di stare mantenendo fede ai principi di metodo e di contenuto che hanno giustificato la nostra apparizione sulla scena istituzionale.

Ringrazio per la disponibilità Francesco Gesualdi e spero che la sua testimonianza possa servire a farci capire come quella che oggi può sembrare un’utopia, non è altro che un’opportunità.

SM

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martedì 22 giugno 2010

Condividere Un'Esperienza - Intervista a Pietro Luppi


Nel mio ultimo articolo ho parlato della possibilità di incentivare un tipo di economia "alternativa" nella Repubblica di San Marino. Ho già parlato del perché sono arrivato a proporre una svolta così "provocatoria", quindi mi limiterò a ricordare che il nocciolo del discorso è la necessità di una vera svolta sia a livello etico che economico. Una strada nuova.

Scrivendo questo articolo però, mi sono trovato davanti a delle difficoltà. Principalmente, volevo riuscire a rendere chiaramente l'idea di quello che è il mondo della cosiddetta "Economia Alternativa", avrei voluto far capire chiaramente al lettore tutte le dinamiche che ruotano intorno a questo mondo. Le motivazioni, lo spirito e le competenze che vengono coinvolte.

Purtroppo però, anche documentandomi mi sono reso conto che l'articolo non funzionava. Mancava cioè, quella concretezza che parlando di argomenti economici è assolutamente necessaria, e senza la quale si perde totalmente di credibilità.

Proprio per queste ragioni, ho deciso di tagliare la testa al toro e riportarvi la viva esperienza di persone che di concretezza ne hanno da vendere. Gente che è tutti i giorni a contatto con queste realtà e meglio di me può farvi realmente capire la dimensione di questo argomento.

Abbiamo parlato insieme di Economia Alternativa e ascoltando le loro opinioni sullo sviluppo di un progetto del genere a San Marino non ho potuto fare a meno di pensare che ci sono ancora tante possibilità per il nostro futuro. Sta solo a noi sfruttarle.

La prima di queste testimonianze è quella che gentilmente mi ha concesso Pietro Luppi, Direttore del Centro di Ricerca Economia e Sociale "Occhio del Riciclone".
Lo ringrazio anticipatamente per la cortesia e la disponibilità che ha dimostrato.

Ci può descrivere brevemente in cosa consiste il progetto “Occhio del Riciclone”?

Luppi- Occhio del Riciclone é un movimento nazionale che comprende una cooperativa e un gruppo di associazioni regionali; da due anni é presente in forma permanente anche in Messico. Occhio del Riciclone si divide in varie aree operative, come il Centro di Ricerca Economia e Sociale, l’area che si dedica all'educazione ambientale e alla produzione di eventi, l’area che si dedica alla comunicazione territoriale, e il settore che progetta, produce e commercializza oggetti di design e capi e accessori di alta moda ottenuti con gli scarti.

Occhio del Riciclone scommette sull’arte e la creativitá come strumenti chiave per cambiare l’immaginario sui cosiddetti “rifiuti”, e allo stesso tempo sostiene le economie popolari dell’usato promovendo modelli di Riutilizzo su scala che le includano e permettano la loro totale emersione.

Come e quando è partito questo progetto, e con quali motivazioni?

Luppi- Occhio del Riciclone é nato nel 2003, con l’obiettivo di dare visibilitá e importanza alla pratica del Riutilizzo e alla visione delle economie popolari, che raramente vengono ascoltate nonostante la serietá delle loro idee e proposte nel campo della Gestione dei Rifiuti.

Quali sono le vostre principali attività? In che modo vi potreste definire “fautori di un'economia alternativa?”

Luppi- Le nostre principali attivitá sono quelle che ho elencato nella prima risposta. Siamo fautori di un’economia alternativa perché stiamo costruendo in maniera estremamente concreta le condizioni perché la microimpresa dell’usato partecipi con ruolo da protagonista nella gestione dei rifiuti.

La microimpresa popolare ha caratteristiche socio-economiche profondamente diverse rispetto alle imprese formali il cui funzionamento é descritto nei manuali.

Pensa che lo sviluppo di un'economia non basata unicamente su logiche di profitto ma rivolta anche verso uno sviluppo sociale sia realmente possibile? Attualmente cosa ne frena l'espansione secondo lei?

Luppi- Un’economia basata anche sullo sviluppo sociale é possibile. Non si tratta solo di acquisire il valore aggiunto della “responsabilitá sociale” rispettando alcuni standard, ma di strutturare un sistema economico dove l’emarginazione possa essere “riciclata” in forme produttive, dignitose e competitive. Dalla Rivoluzione agricola inglese in poi l’economia “incastonata” nei rapporti sociali é andata gradualmente scomparendo, lasciando spazio alla dicotomia tra sociale ed economico. Un dicotomia che in passato si pensava di poter colmare attraverso l’assistenza dello Stato o di certe applicazioni del fordismo; questi modelli peró sono decaduti. La sfida di oggi é individuare modelli d’impresa che trovino competitivitá autentica e non solo d’immagine grazie al loro essere micro, al loro essere locali, al loro essere socialmente integrati.

Nel nostro piccolo, con le proposte rivolte al settore riuso in Italia e al settore rifiuti in generale in America Latina, stiamo lavorando in questa direzione.

Pensa che questo tipo di economia alternativa sia potenzialmente in grado di generare lo stesso benessere diffuso che (almeno in una parte del mondo) garantisce l'economia finanziaria attuale?

Luppi- L’economia finanziaria attuale, che funziona in base a macrodinamiche che nessuno piú sa come controllare, non é piú in grado di offrire benessere diffuso in nessuna parte del mondo. Chi vive in aree dove questo benessere é ancora percepito, lo vedrá molto presto minacciato in relazione alle inarrestabili tendenze globali alla delocalizzazione della manodopera qualificata, delle tecnologie e del know how. Prevedere i fenomeni economici é diventato come fare le previsioni del tempo; non esiste nessuna certezza e tanto meno si conoscono formule esatte per contrastare le tempeste. L’unica maniera per difendersi dal ciclone in arrivo é puntare sullo sviluppo locale e su iniziative economiche strutturalmente solide, che non oscillino con la stessa volubilitá degli equilibri finanziari e commerciali globali. Da questo punto di vista l’economia popolare puó essere una risposta, nonché un meccanismo di compensazione rispetto all’emarginazione sociale ed economica che l’attuale sistema inevitabilmente produce.

Conosce lo stato di San Marino? Che considerazione ne ha?

Luppi- Si tratta di un luogo bellissimo e carico di storia, caratterizzato da meccanismi economici, sociali e politici molto endogeni e non facilmente comparabili con altri contesti.

La Repubblica di San Marino è un microcosmo economico e sociale all'interno dell'Italia. Cosa penserebbe vedendo questo stato sviluppare la sua economia basandosi su basi etiche e morali vicine a quelle della cosiddetta “Economia Alternativa”?

Luppi- Ogni microcosmo puó essere il luogo ideale per sperimentare formule alternative in piccola scala. Se vedessi la Repubblica di San Marino sviluppare veramente la sua economia a partire da meccanismi economici alternativi, non potrei che osservare con interesse questo processo cercando spunti da riproporre in altri contesti.

Spesso viene contestato a sistemi di Economia Alternativa, la loro dipendenza da finanziamenti pubblici. Questo tipo di perplessità riguarda principalmente organizzazioni del "Terzo settore" che come osserva Don Giacomo Panizza (Comunità Progetto Sud), non sono esenti da problematiche. Lei parla di "economie popolari" che si discosterebbero da considerazioni di questo tipo. Quali sono secondo lei le prospettive?

Esistono economie popolari, che sono sempre più vaste e che non aspettano altro che emergere in tutta la loro dignità.

Si tratta di forme economiche non riconosciute che sopravvivono e prosperano grazie alla loro efficienza e non perché ricevono soldi dallo Stato; queste realtà devono trovare spazio, e devono diventare spunto per l'adozione di nuove formule di business, maggiormente integrate nel sociale e più orientate alla ripartizione dei benefici che all'accentramento dei profitti.

Questa è, a mio avviso, la vera chiave per uno sviluppo sociale ed economico realmente possibile. A frenarne l'espansione sono vari elementi, tra i quali l'ideologia di bassa lega prodotta dai manuali di economia aziendale, e i compartimenti stagni che esistono tra strati sociali: chi si trova troppo in basso non parla la stessa lingua di chi partecipa ai processi decisionali, e le sue aspirazioni e proposte non vengono prese in considerazione.

Ringrazio ancora una volta Pietro Luppi per la disponibilità dimostrata.

Questa è una testimonianza reale di quello che si può costruire insieme. Stiamo parlando di progetti concreti, non solo di supposizioni.

Mi auguro che quando arriverà il momento, chi dovrà decidere la nuova strada da percorrere possa tenere in considerazione anche proposte di questo tipo. Me lo auguro per il bene del paese.

Anche oggi vi lascio con una citazione:

"Tutte le promesse di benessere e tutte le sicurezze date in epoca moderna dalle istituzioni statali nazionali, dai politici e dagli esperti di scienze e tecniche, sono state distrutte. E non c'è più in giro un'istanza che tolga all'uomo le sue nuove paure. Ecco allora che la crisi ecologica ci fa intravedere qualcosa come un senso all'orizzonte, persino la necessità di una politica globale ed ecologica nel nostro agire quotidiano."

(Ulrich Beck)

Siamo costretti a cambiare. Facciamolo in meglio.


SM

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lunedì 7 giugno 2010

Una Risposta Alternativa.


Pasquale Valentini, Segretario di Stato alle Finanze della serenissima Repubblica di San Marino, nei giorni scorsi dichiarava che: "Senza segreto bancario la raccolta esterna diminuirà e non potremo pensare di avere un sistema finanziario come quello attuale". Parole sante.

Partendo da questa considerazione, è ovvio che saranno tante le cose che dovranno cambiare sul Titano, e non solo a livello economico. Ma questo lo sanno tutti.

Quello di cui invece non si parla abbastanza, è il "cosa" fare per far ripartire la nostra economia dopo i vari adeguamenti e cambiamenti a cui ci stiamo forzatamente sottoponendo. E qua casca l'asino.

Prima di cercare soluzioni fantasiose, dobbiamo però capire da dove iniziare. Un buon artigiano ci direbbe che in ogni riparazione che si rispetti, si deve procedere per passi. Ovviamente dando per scontato che la prima cosa da fare è allontanare la causa del danno. Sia essa umana o di altra natura.
Detto questo, il primo passo è da sempre rappresentato dalla riparazione del danno più grave. Nel nostro caso, capire quale esso sia per nostra fortuna (?) è piuttosto semplice.

Il danno più grave, è quello che ha subito la nostra immagine. La nostra dignità.

La Repubblica di San Marino, mai come oggi è ai minimi storici per quanto riguarda la sua considerazione all'estero. L'opinione pubblica ci vede come nient'altro che un paradiso fiscale senza etica e senza morale, unicamente preoccupato di drenare soldi sporchi dal resto del mondo.
Nessuno crede nella nostra giustizia, nelle nostre istituzioni e nella nostra economia.

A questo proposito, voglio lanciare una proposta. Un tipo di iniziativa che ai più sembrerà una provocazione bella e buona, ma che invece racchiude in se molta più sostanza che idealismo. Soprattutto, potrebbe essere un interessante punto di partenza per un nuovo indirizzo politico nel nostro paese.
Una strada che se intrapresa, avrebbe la forza di cambiare radicalmente la considerazione del resto del mondo nei nostri confronti. Sto parlando dello sviluppo e del sostegno di una così detta "Economia Alternativa" o "Terzo Settore".

Ma cosa si intende per "Economia Alternativa"? E come può questa essere una proposta concreta per un paese come San Marino?

Cerchiamo prima di capire di cosa stiamo parlando.

Alessandro Messina, Responsabile del settore crediti dell'ABI (Associazione bancaria italiana), intervenendo su questo tema ne descrive le caratteristiche in questi termini:

"...può essere utile immaginare quest’altra economia come una rete, o meglio
un insieme di reti, di operatori economici (ma anche politici e culturali) il cui
comportamento sia basato su principi originali di funzionamento, solidali, etici, che
mettono al centro dell’azione il bene comune e collettivo.
...Oggi sono già molte le pratiche che si ispirano a questa filosofia. Volendone tracciare un
quadro generale e generalizzante si può partire dai valori di fondo che le accomunano:

1. Assenza di scopo di lucro:
le imprese dell’altra economia sono consapevoli della necessità di limitare la distorsione dei comportamenti economici indotta dalla logica del profitto.
Tutto il surplus creato viene perciò reinvestito all’interno dell’impresa, per migliorare il ciclo produttivo, le condizioni di lavoro, la qualità dei servizi, ridurre l’impatto ambientale.

2. Efficienza:
non si tratta di proporre un’economia più buona e di cadere così nella beneficenza,
bensì di costruire un’attività economicamente vitale che intende essere socialmente utile.

3. Trasparenza:
ogni operatore dell’altra economia conta di produrre valore sulla base della sua attività reale e non grazie all’occultamento di informazioni.

4. Partecipazione:
l’operatore dell’altra economia si sente parte di un sistema complesso
a cui vuole apportare valore e di cui riconosce il valore.
Per questo nella sua attività prevede il coinvolgimento e la partecipazione di tutti coloro che possono averne interesse:
lavoratori, cittadini, finanziatori, pubblica amministrazione ecc.

5. Responsabilità sociale ed ambientale:
in ogni ambito di attività si privilegia la promozione dello sviluppo umano,
attraverso un’attenzione costante alla responsabilità sociale ed ambientale dell’impresa.

Immaginare un indirizzo politico di questa portata per l'economia della Repubblica di San Marino sembra veramente un'utopia. Ma proprio per questo è ancora più affascinante. Pensate alle opportunità lavorative per i sammarinesi, alle professionalità che sarebbero coinvolte in progetti di questo tipo, alla panacea che questo rappresenterebbe per la nostra immagine.

Un vero e proprio progetto lungimirante. Sarebbe una svolta, un segno che finalmente si incomincia a guardare al futuro economico e sociale della nostra gente. Un sogno.

Quello che a molti sembrerà come un progetto impraticabile, in realtà è già stato sviluppato da qualche coraggioso che a dispetto delle difficoltà, ha messo in piedi organizzazioni e addirittura sistemi finanziari che riescono ad avere successo senza rinunciare a perseguire una condotta etica.

Nei prossimi giorni, pubblicherò una serie di interviste che ho realizzato grazie alla collaborazione di alcune di queste persone. Un modo per scoprire le loro motivazioni, i loro valori e il loro modo di lavorare. Cercheremo insieme degli spunti e delle idee per proporre simili sistemi anche nella nostra piccola Repubblica.

Ci troviamo davanti ad una sfida senza precedenti.
Per esserne all'altezza, servono risposte senza precedenti.


SM

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